Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge reca norme in materia di trattamento penitenziario. La sua finalità è di consentire al detenuto di vivere e consolidare i propri rapporti affettivi, di garantire incontri più frequenti con la famiglia e di intrattenere relazioni intime con il coniuge o il convivente. La Costituzione, all'articolo 27, stabilisce che le pene non possono essere contrarie al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato: ne consegue che devono essere garantiti tutti i diritti inviolabili dell'uomo, tra cui quello di mantenere rapporti affettivi e sociali, all'interno della famiglia e nell'ambito dei rapporti interpersonali.
      La moderna criminologia ha dimostrato come incontri frequenti e intimi con le persone con le quali vi è un legame affettivo abbiano un ruolo insostituibile nel difficile percorso di recupero del reo: da qui l'esigenza di avvicinare, per quanto possibile, il recluso al mondo esterno e, in particolare, a quello dei suoi affetti.
      L'attuale situazione carceraria, e il numero sempre crescente di detenuti, fa sì che, al di là della buona volontà e della disponibilità dei direttori e degli operatori, i colloqui tra persone condannate ed i familiari si svolgano in sale affollate, rumorose, dove sono presenti spesso anche bambini o minori: ciò impedisce di esternare i propri stati d'animo e contribuisce a determinare uno stato di profonda frustrazione. Per superare tale condizione, si propone di riconoscere ai detenuti il diritto di trascorrere alcuni periodi di tempo

 

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con le persone con le quali vi è un rapporto affettivo, in appositi locali, o in aree aperte ove meno difficile è il rapporto «umano».
      Consentire l'affettività in carcere - come del resto già avviene in altri Paesi europei (ad esempio, Spagna e Danimarca) - permette di agevolare il reinserimento sociale attraverso la valorizzazione dei legami personali e, nel contempo, attenua la solitudine che accompagna i detenuti durante il periodo di espiazione della pena; «interrompere il flusso dei rapporti umani» significa separare l'individuo «dalla sua stessa storia personale, significa amputarlo di quelle dimensioni sociali che lo hanno generato, nutrito e sostenuto» (Francesco Ceraudo, Presidente nazionale dell'Associazione dei medici penitenziari).
      La presente proposta di legge consta di quattro articoli, che integrano la vigente disciplina penitenziaria (legge 26 luglio 1975, n. 354): è prevista la realizzazione, all'interno degli edifici penitenziari, di locali idonei, o di apposite aree, ove i detenuti possano intrattenere rapporti affettivi con i propri cari, senza controllo visivo. Viene modificato anche il regime dei permessi, con la possibilità di concedere un permesso di durata fino a quindici giorni per ogni semestre di carcerazione. Si sancisce, inoltre, la possibilità per i detenuti di trascorrere mezza giornata al mese con i propri familiari, in apposite aree all'aperto all'interno delle strutture carcerarie. Infine, ai detenuti stranieri che non hanno visite da parte dei propri familiari, sono concessi colloqui telefonici ogni quindici giorni, per un tempo più ampio di quello previsto dalle disposizioni vigenti.
      La presente proposta di legge ha lo scopo di rendere «più umano» il periodo di reclusione, affinché, alla fine della pena, sia più facile il reinserimento nella famiglia e nella società.
 

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